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Tue, Apr 8, 2025
Editoriali

Lo stadio unisce se coinvolge. Roma insegna

Lo stadio unisce se coinvolge. Roma insegna
  • PublishedAprile 5, 2025

Nel 2017, insieme a Francesco Fabiano, presentai ad AS Roma un piano di comunicazione per accompagnare la realizzazione del nuovo stadio a Tor di Valle. Un progetto ambizioso, visionario, che però si arenò tra burocrazia, cambi di proprietà e scarso dialogo con la città. Oggi, mentre Populous firma anche il progetto per la riqualificazione dello stadio Sinigaglia, da comasco e tifoso del Como ripenso a quell’esperienza: perché certi errori si possono – e si devono – evitare. A partire da uno: non ascoltare la città.

Roma: una visione potente, frenata dalla realtà

Il caso di Roma è emblematico. Oggi, dopo anni di attesa, il nuovo stadio dell’AS Roma è stato ripensato e rilanciato nell’area di Pietralata. Un progetto firmato da Populous, che prevede un impianto da oltre 55.000 posti con elementi architettonici ispirati alla classicità romana, tecnologie sostenibili e una Curva Sud destinata a diventare la più grande d’Europa. Il tutto legato a un progetto di rigenerazione urbana attorno alla stazione Tiburtina.

Ma torniamo al progetto di Tor di Valle. Dopo l’entusiasmo iniziale, la strada si fece impervia: burocrazia, spaccature politiche, proteste dei residenti, valenza architettonica dell’Ippodromo e soprattutto assenza di un dialogo strutturato con il territorio. Tutti elementi che hanno  compromesso la fiducia attorno a un’opera che a suo tempo fu pensata per diventare un modello.

Da parte nostra, lavorammo al progetto per AS Roma con un obiettivo chiaro: trasformare il nuovo stadio in un simbolo condiviso, capace di coinvolgere la tifoseria e la città tutta in un percorso di rinascita: non si trattava solo di realizzare un impianto moderno, ma di costruire un’identità, rafforzare il senso di appartenenza e generare entusiasmo attorno a un’opera che avrebbe dovuto rappresentare il futuro della Roma, dentro e fuori dal campo.

Tra le proposte che presentammo, una delle più innovative prevedeva la realizzazione di un’app in realtà aumentata, che permettesse ai tifosi di visualizzare il nuovo impianto prima ancora che venisse costruito, direttamente nell’area in cui sarebbe sorto. Volevamo che le persone potessero vederlo, esplorarlo, viverlo virtualmente per poi sentirlo più loro quando sarebbe diventato reale. A questo si affiancava un percorso partecipativo pensato per coinvolgere i cittadini con focus group, sondaggi e occasioni di confronto. Perché uno stadio – soprattutto in una città complessa come Roma – non può essere imposto: deve essere vissuto, raccontato, costruito insieme.

Como: una sfida aperta, con un’opportunità unica

A Como, il progetto è ancora agli inizi. Ma ci sono già segnali incoraggianti. Il club ha scelto Populous per il ridisegno dello stadio Sinigaglia, e la presentazione del Documento di Fattibilità delle Alternative Progettuali (DOCFAP) ha segnato l’avvio di un iter che punta a concludersi entro il 2026. L’idea è ambiziosa: trasformare un impianto storico in una struttura moderna, multifunzionale e aperta alla comunità, nel rispetto della sua posizione privilegiata sul lago.

Tuttavia, proprio ora si apre il passaggio più delicato: quello del confronto pubblico. A Como, grazie ai media locali si è già acceso un dibattito molto importante, che riguarda viabilità, flussi turistici, vincoli paesaggistici e sostenibilità ambientale. Il rischio è quello di sottovalutare l’importanza del confronto con residenti, cittadini, comitati e stakeholder. La lezione di Roma è chiara: se non si ascolta, le paure si trasformano in opposizione. E l’opposizione diventa ostacolo.

Ecco perché è fondamentale aprirsi alla città fin da subito, in modo autentico e trasparente. Non con qualche post sui social, ma con processi partecipativi reali, strumenti di ascolto permanenti, incontri pubblici veri, e con la volontà di accogliere suggerimenti e osservazioni. Uno stadio non è un corpo estraneo da “calare” sul territorio, ma una parte viva della città che deve crescere con essa.

Populous, identità e sostenibilità

Populous è il filo conduttore tra i due progetti, ma in contesti totalmente diversi. A Roma, il richiamo all’antico è stato il perno del design; a Como, la sfida è rispettare e valorizzare il paesaggio unico del lago rispettando la vocazione razionalista della Cittadella dello Sport. In entrambi i casi, la parola chiave è equilibrio: tra memoria e futuro, tra estetica e funzione, tra sogno sportivo e visione urbana.

La sostenibilità – ambientale, sociale, economica – deve essere integrata nel progetto, non aggiunta a posteriori. E soprattutto deve essere raccontata bene. Perché oggi più che mai, il consenso si costruisce spiegando, coinvolgendo, facendo toccare con mano.

Como può farcela, ma deve scegliere come

Como ha un’occasione che Roma a suo tempo aveva perso. Può diventare un modello di come si costruisce uno stadio nel XXI secolo: con competenza tecnica, visione architettonica, ma anche e soprattutto con intelligenza relazionale; l’ascolto non è un gesto di debolezza, ma una scelta strategica.

Ho vissuto da vicino le aspettative – e le frustrazioni – di un grande progetto che non è riuscito a prendere il volo; per questo oggi credo che Como abbia davanti una strada possibile, ma non automatica: va costruita insieme alla città, passo dopo passo, parola dopo parola.

Written By
Alessandro Nardone

Coordinatore cittadino di Fratelli d'Italia, consulente strategico, keynote speaker e autore di 12 libri, Alessandro Nardone è considerato uno dei massimi esperti italiani di politica americana. Ha seguito come inviato le campagne elettorali di Donald Trump e Volodymyr Zelensky per testate come Vanity Fair, e la sua candidatura fittizia alle primarie repubblicane del 2016, sotto lo pseudonimo di Alex Anderson, è diventata un case study globale. Nardone scrive per La Voce del Patriota e partecipa a numerosi programmi Rai e Mediaset come analista di politica americana, comunicazione e innovazione.