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Sat, Apr 19, 2025
Politica

La città pulita? Uno slogan sepolto sotto i rifiuti

La città pulita? Uno slogan sepolto sotto i rifiuti
  • PublishedAprile 17, 2025

Viale Geno, Como, ore 22:45. Le immagini scattate venerdì scorso parlano chiaro: cestini stracolmi, bottiglie di vetro, cartoni, sacchi a terra. Una situazione indecorosa, in uno dei punti più suggestivi e frequentati della città.

Eppure, il sindaco Rapinese aveva promesso tutt’altro. In campagna elettorale parlava di una Como pulita, ordinata, “da cartolina”. Poi, una volta eletto, sono arrivati i proclami: cinque nuove squadre di spazzini, cestini “intelligenti”, controlli, fototrappole, multe e sanzioni per i trasgressori e magari anche i suoi “colleghi” Avengers.

Punire chi sporca è giusto, sacrosanto. Ma ormai conosciamo bene le modalità comunicative del sindaco: bufera sul cantiere dei giardini a lago? E lui rilancia con un video sui “bifolchi” colti in flagrante. Ma la sporcizia a Como non è fatta solo di gesti incivili. C’è un degrado più silenzioso e più grave: quello strutturale, che deriva da un servizio che continua a non essere efficace.

E qui vale la pena ricordare un principio tanto semplice quanto efficace: degrado chiama degrado. Lo sapeva bene Rudy Giuliani quando, da sindaco di New York, applicò la celebre “regola delle finestre rotte”: più un ambiente viene lasciato sporco o abbandonato, più le persone si sentono legittimate a contribuire al disordine. È una dinamica psicologica, ma anche profondamente sociale.

Lo dimostrano non solo le condizioni di viale Geno, ma anche quelle intorno allo stadio, in via Milano, nelle periferie. E mentre il livello del servizio resta questo, la Tari aumenta.

Siamo stanchi degli annunci, dei post autocelebrativi, delle colpe sempre scaricate sugli altri. Chi amministra ha il dovere di risolvere i problemi, non solo di raccontare che lo sta facendo.

O dobbiamo pensare che, anche stavolta, sia colpa “di quelli che c’erano prima”?

Written By
Alessandro Nardone

Coordinatore cittadino di Fratelli d'Italia, consulente strategico, keynote speaker e autore di 12 libri, Alessandro Nardone è considerato uno dei massimi esperti italiani di politica americana. Ha seguito come inviato le campagne elettorali di Donald Trump e Volodymyr Zelensky per testate come Vanity Fair, e la sua candidatura fittizia alle primarie repubblicane del 2016, sotto lo pseudonimo di Alex Anderson, è diventata un case study globale. Nardone scrive per La Voce del Patriota e partecipa a numerosi programmi Rai e Mediaset come analista di politica americana, comunicazione e innovazione.