25 aprile: la liberazione, non la strumentalizzazione

Il 25 aprile dovrebbe essere, per tutti, una giornata semplice da capire e altrettanto semplice da onorare: è il giorno della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, la fine di un incubo, la riconquista — col sangue di tanti — della libertà, quella vera, quella che permette anche a chi la calpesta di parlare liberamente.
Ma questa giornata, che dovrebbe essere di tutti, continua a essere piegata, usata, stuprata da chi della storia conosce poco e racconta ancora meno. Un rito che, anno dopo anno, invece di unire, divide. Un palcoscenico per chi, invece di ricordare il valore della democrazia, si lancia in sermoni arroganti, infarciti di revisionismi a senso unico e di ricostruzioni storiche farlocche.
E se questa tendenza non è certo nata oggi, va detto che negli ultimi anni — complice anche il fatto che al governo c’è Giorgia Meloni, e dunque il bersaglio grosso è sempre pronto e facile da imbracciare — questa deriva si è fatta ancora più sfacciata. Il 25 aprile viene sfruttato come se fosse una proprietà privata, un club esclusivo, dove chi non si allinea con certe parole d’ordine viene squalificato, etichettato, insultato. Altro che festa della libertà.
Anche a Cantù, purtroppo, abbiamo assistito a questo triste spettacolo. Durante la celebrazione ufficiale, anziché onorare la memoria con parole di unità, il rappresentante locale dell’ANPI si è preso il microfono per lanciare l’ennesimo comizio, condito da falsità storiche e spintoni ideologici degni di un’assemblea di liceo male organizzata. Zero rispetto per la complessità della storia, zero riconoscimento per chi la pensa diversamente, solo l’ennesimo tentativo di strumentalizzare una ricorrenza sacrosanta a fini di propaganda di bassa lega.
Ma la Liberazione è un’altra cosa. È il volto dei ragazzi delle montagne, dei partigiani veri (non di quelli che oggi si svegliano ogni 25 aprile con la voglia di fare i leoni da palco), è il sacrificio di chi, anche tra gli alleati, ha dato la vita per restituire a questo Paese una possibilità di futuro. È la memoria di un’Italia che ha voluto rinascere, che ha scritto una Costituzione fondata sulla libertà e sul rispetto, non sull’odio e sulla divisione.
Chi oggi pensa di poter usare il 25 aprile come clava politica contro questo o quel governo, tradisce quello stesso spirito. Trasforma la festa della Liberazione in una sagra del qualunquismo e dell’arroganza ideologica.
E allora diciamolo con chiarezza: la storia non è un’arma. La memoria non è un foglio bianco su cui scrivere quello che fa più comodo al proprio partitino o alla propria militanza.
Il 25 aprile è di tutti gli italiani. O almeno di quelli che credono davvero nella libertà.