Como: destinazione senza direzione

Il Lago di Como è oggi una delle destinazioni più ambite al mondo. Una bellezza che incanta, borghi eleganti, ville da sogno, una narrazione globale alimentata da celebrità, social e produzioni internazionali. Ma quando un territorio viene vissuto solo in superficie, rischia di perdere la propria anima. È quello che sta accadendo con Como, travolta dal proprio successo e incapace, finora, di trasformarlo in valore duraturo.
Il problema non è l’arrivo dei turisti – che sono una risorsa preziosa – ma l’assenza totale di una visione strategica su come gestire e indirizzare questo flusso. Si chiama overtourism e non si risolve con soluzioni di emergenza o pannicelli caldi: si governa con una cabina di regia stabile, un piano d’azione concreto e obiettivi chiari. Serve direzione, non improvvisazione.
Lo ha detto bene Valeriano Maspero in un recente editoriale su SemmCumasch: «a Cantù hanno fatto scelte chiare, concrete, hanno investito su innovazione e identità. E Como?» Ecco, Como è rimasta ferma, a guardare. E nel frattempo, ha smesso di offrire qualcosa di significativo non solo ai turisti, ma anche – e soprattutto – a chi ci vive. La chiusura della Città dei Balocchi ha tolto l’unico evento capace di creare una stagionalità alternativa.
Ora tutto si concentra nei mesi estivi, ma nemmeno in quel periodo c’è un vero intrattenimento. Nessun evento culturale, musicale o artistico di rilievo. Tutto è affidato agli aperitivi all’aperto e al caso. E questo non è solo un limite economico o turistico: è un problema di sicurezza urbana. Una città che offre alternative culturali, artistiche, sociali – e non solo alcoliche – è una città più viva, più equilibrata e più sicura.
Del resto, la situazione è così desolante che – breve storia triste – per riempire il portale “Oggi a Como” (nome e contenuti solo in italiano, ça va sans dire), si è arrivati al punto di elencare i film in programmazione nei cinema come “eventi”. Il che dice tutto su quanto poco ci sia da fare, vedere e vivere.
Perché Como non prova a prendere spunto da modelli già vincenti? Il concetto di “festivalizzazione della città” funziona in tutta Europa. Festival veri, strutturati, costruiti su temi identitari portando valore concreto su tutto il territorio, fenomeno che posso testimoniare direttamente avendo organizzato il Bologna Fashion Festival. E qui, i nostri temi sono chiarissimi: Tessile, Turismo ed Energia (Volta).
Il Tessile è il nostro biglietto da visita nel mondo. Non c’è motivo per cui Como non debba organizzare un vero festival internazionale che metta insieme moda, innovazione e territorio. Il Turismo, invece, deve smettere di essere trattato come una rendita passiva e diventare il perno di esperienze culturali, outdoor e gastronomiche di alto profilo. L’Energia, infine, è il nostro valore più profondo. Con Alessandro Volta abbiamo una figura che può ispirare eventi scientifici, educativi e divulgativi. Tre temi forti, con cui attirare un turismo business e culturale, non solo stagionale e da selfie.
Ma soprattutto, servono eventi che facciano vivere la città tutto l’anno, e che creino occasioni di incontro tra chi arriva e chi ci vive. Como può e deve diventare una community, in cui residenti e turisti si incrociano, dialogano, si contaminano in modo positivo, generando relazioni e nuove opportunità.
Perché tutto questo funzioni, però, i comaschi devono tornare protagonisti. È per questo che lancio una proposta semplice ma concreta: una “Card Residenti”, che offra sconti, agevolazioni, accessi dedicati nei locali, nei parcheggi, negli eventi. Un modo per restituire la città a chi ci abita, oggi troppo spesso relegato al ruolo di spettatore in casa propria.
E poi c’è il tema della comunicazione. Como deve parlare inglese per default, dotarsi di strumenti digitali semplici, efficaci, multilingua. Deve offrire ai turisti un’esperienza curata e intelligente, che alleggerisca i flussi e migliori la qualità dei servizi.
Infine, una riflessione doverosa. Non possiamo parlare del futuro di Como senza includere il Como 1907 e il nuovo stadio Sinigaglia. Per la prima volta dopo decenni, il club è guidato da un progetto serio, con investimenti concreti e visione. La squadra sta diventando una risorsa per tutta la città, un acceleratore di turismo, visibilità, affari.
Ma – e qui sta il punto – non può fare tutto da solo. Serve una politica che sia capace di proporre, coinvolgere e guidare, anziché limitarsi a fare da spettatore. Perché oggi, vivaddio, le uniche iniziative le ha prese il Como 1907, mentre l’amministrazione si limita a osservare. E questo dovrebbe farci riflettere.
Durante il suo intervento ad un recente evento sul turismo, il Sottosegretario Alessio Butti ha affermato che: «il boom di case vacanze sta svuotando la città dalla sua identità. Con l’Autorità per il Lago di Como ridimensioneremo questa bolla. Vogliamo un turismo più intelligente, sostenibile e connesso.» Parole importanti, che riconoscono quanto sia urgente tornare a guidare lo sviluppo, e non più subirlo.
Como ha tutto per essere una città modello. Ma deve scegliere. Vuole essere solo una destinazione? O vuole diventare una comunità capace di attrarre, accogliere e innovare?
Non serve meno turismo. Serve più visione, più coraggio, più regia. Il tempo per agire non è domani. È ora.